sabato 5 maggio 2012

Chiesa di San Francesco - complesso

Indirizzo: Piazza San Francesco -Lodi (LO)

Tipologia generale: architettura religiosa e rituale

Tipologia specifica: chiesa

Epoca di costruzione: post 1252 - ante 1290

Autore: Besia Gaetano, ristrutturazione; Ferrabini Pietro, restauro; Galeotti, decorazione

Uso attuale: intero bene: chiesa

Uso storico: intero bene: destinazione originaria

Condizione giuridica: proprietà Ente religioso cattolico


La chiesa di san Francesco è uno dei principali monumenti medievali della città di Lodi.
Le sue origini risalgono al 1252, quando il vescovo di Lodi Bongiovanni Fissiraga reintroduce in città i frati Minori, già espulsi pochi anni prima per intolleranza della fazione ghibellina, e assegna loro la piccola chiesa di S. Nicolò. Pochi anni dopo, presumibilmente a partire dagli anni ottanta, i frati iniziavano la fabbrica della nuova chiesa, i cui lavori dovevano essere già a buon punto nel 1290 quando vi furono accolte le spoglie del vescovo Bongiovanni. Sostenitori dell’impresa furono il guelfo Antonio Fissiraga (forse nipote del vescovo) e la moglie Flora dei Tresseni. Verso il 1316 ca il maestro della tomba Fissiraga dipinse la Madonna in trono col Bambino tra san Nicola, san Francesco e il committente dei lavori Antonio Fissiraga.
Verso la fine del '300 i Maestri "di Ada Negri" e "delle storie di Santa Caterina" lavorano in San Francesco. Fine del secondo decennio del '400: il maestro del Libro d'Ore di Modena e Michelino da Besozzo. Nel 1476 ebbe inizio la decorazione della cappella di San Bernardino, con le Storie che prendono ispirazione dalla vita del santo che fu scritta nel 1453 dall'umanista lodigiano Maffeo Vegio. Metà del '500: il Soncino dipinse la cappella Bonomi e l'Immacolata Concezione con santi e un donatore.
1589: Malosso dipinse la tela Sant'Antonio da Padova incontra Ezzelino da Romano per la cappella Fissiraga. 1601: Sollecito Arisi dipinse la tela San Francesco che riceve le stigmate nella cappella Cadamosto. 1605: Camillo Procaccini dipinse le tele ispirate alla vita della Vergine per la cappella dell'Immacolata Concezione. 1632: il Talpino interviene nella cappella della Beata Vergine di Caravaggio con la Fuga in Egitto e la Presentazione al tempio. 1730: il coro e la cappella di San Pietro d'Alcantara furono affrescate da Sebastiano Galeotti (ora cappella Sant'Antonio Maria Zaccaria).

Configurazione strutturale: Edificio con struttura a pareti in laterizio intonacata, pianta a croce latina, costituita da una navata maggiore e due laterali separate da arconi a tutto sesto, con transetto rettilineo poco profondo lungo il cui lato orientale si aprono due cappelle per lato; lungo le navate minori si aprono cappelle variamente articolate. Tutte le navate sono coperte da volte a crociera costolonate rette da 14 ampie e possenti colonne in laterizio, cui corrispondono altrettante semicolonne, sempre in laterizio, sulle pareti; monofore reali o tamponate permettono l'illuminazione naturale dell'interno.
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L'interno, a croce latina, è composto da tre navate. La facciata con il rosone centrale e due bifore "a cielo aperto"della facciata, rappresenta il primo esempio di un modello che tra Trecento e Quattrocento si diffuse in tutta l'Italia settentrionale. Attiguo alla chiesa vi è il Collegio dei Barnabiti, a cui la chiesa passò già dal 1840, con un chiostro del '600.


Comprende
  • Chiesa di S. Francesco, Lodi (LO)
  • Sacrestia della Chiesa di S. Francesco, Lodi (LO)

Descrizione:
rosone marmoreo
La facciata, incompleta nella parte superiore, venne aggiunta al corpo dell'edificio forse dopo il 1312, data dell'ultima donazione effettuata da Antonio Fissiraga prima del suo arresto ad opera dei Visconti nel 1316. Costruita interamente in cotto, è scandita in tre campi da due possenti semicolonne addossate. In quello centrale, oltre al rosone marmoreo aperto quasi due secoli dopo, si staglia il portale archiacuto, con semicolonnine a fascio, cui si addossa il protiro, anch'esso frutto di aggiunta posteriore. Nei campi laterali, sopra gli ingressi, si apre una monofora a tutto sesto sormontata da una bifora archiacuta "a vento",


 bifora archiacuta "a vento"
 che lascia cioè intravedere il cielo (la parete della facciata supera infatti il colmo delle navate).


Questa particolare tipologia è ricorrente nell'architettura gotica lombarda, come dimostrano il S. Bassiano di Lodi Vecchio, il duomo di Crema e il S. Agostino a Cremona.


L'interno, dalla pianta a croce latina, richiamo del pavese S. Francesco, è a tre navate, costituite da quattro campate (di cui la prima più stretta) ad andamento alternato, in maniera tale cioè che alla centrale ne corrispondono due laterali. Massicci piloni cilindrici in cotto (simili a quelli del duomo cittadino), terminanti con capitelli in pietra dalla decorazione vegetale o antropomorfa,
sostengono le volte costolonate a sesto acuto. Il transetto è costituito da tre campate quadrate, ciascuna di misura identica a quelle della navata centrale. Lo stesso modulo si ripresenta nel coro, mentre ognuna delle quattro cappelle che lo fiancheggiano ha le medesime dimensioni di ciascuna campata nelle navate laterali.

La chiesa è giustamente celebrata anche per il suo ricco corredo pittorico che si snoda quasi ininterrottamente su pareti, volte e piloni. Le testimonianze più antiche, databili verosimilmente entro il secondo decennio del Trecento, si estendono sulle volte della terza campata nella navata centrale e sulla crociera mediana del transetto. Riecheggiano nei motivi decorativi la miniatura bolognese e la pittura veneta di fine XIII secolo mentre, nella volumetria delle figure e nell'attenta resa spaziale e prospettica, traspare la lezione giottesca che è interpretata secondo un realismo tipicamente lombardo.

Antonio Fissiraga
Parallelamente al Maestro della tomba Fissiraga opera un altro pittore d'estrazione lodigiana, attivo soprattutto nel S. Bassiano di Lodi Vecchio (per cui ne deduce il nome di Maestro di S. Bassiano), a cui si devono numerosi affreschi votivi: il San Nicola sul quarto pilone di destra, il Battesimo di Cristo sul sesto della medesima navata, la Madonna in trono con Bambino sul settimo pilone sinistro.
A queste testimonianze, dall'impianto compositivo maggiormente semplificato e dai modi più arcaicizzanti, è stato recentemente aggiunto il semplice affresco con i Funerali di Antonio Fissiraga in cui il protagonista indossa l'abito francescano. Da queste opere si svilupperà, per tutto il Trecento, una scuola locale che riproporrà le innovazioni dei due Maestri.
Funerali di Antonio Fissiraga




Alla fine del secolo si collocano invece alcune testimonianze di elevata qualità, che risentono fortemente dell'operato di Giovannino de' Grassi e del gusto proprio del Gotico Internazionale, diffusosi ampiamente nel ducato di Milano. Sull'arco d'ingresso della cappella di S. Bernardino (terza a destra) lo Sposalizio mistico di santa Caterina anche se mutilo, rivela un'estrema ricercatezza formale, che si attua in forme esili e allungate e in una stesura cromatica modulata e impreziosita da un copioso impiego di oro. Contemporaneo e culturalmente affine è il Maestro di Ada Negri, a cui si devono la Madonna col Bambino sul secondo pilone a destra, e la Visitazione sul terzo, sempre di destra. Nel primo esempio istanze miniaturistiche si esplicitano nell'incorniciatura e nel raffinato decorativismo degli abiti, mentre nel secondo si unisce anche una stesura cromatica piatta che riduce la volumetria dei singoli personaggi.

(http://lodiantiqua.webnode.it/lodi-antiqua)

Colonna della cappella Vignati nella controfacciata di sinistra
Notizie storiche
Le notizie più antiche attestanti la presenza in città dei frati minori risalgono al 1224, anche se solo vent'anni dopo questi furono costretti ad allontanarsi in seguito agli scontri tra le autorità comunali, schierate con lo scomunicato imperatore Federico II e il clero. Soltanto nel 1252, quando papa Innocenzo IV ripristina la sede vescovile, possono rientrare in città e viene loro concessa dal vescovo Bongiovanni Fissiraga la chiesa di S. Nicolò con le annesse proprietà già della famiglia Pocalodi. Probabilmente a partire dagli anni Ottanta, grazie all'intervento del capo della lega guelfa Antonio Fissiraga (forse nipote del vescovo), si iniziano i lavori per la costruzione della nuova chiesa, essendo ormai il S. Nicolò troppo piccolo per l'elevato numero dei frati presenti. La costruzione doveva già essere a buon punto nel 1290 se vi fu sepolto il vescovo Bongiovanni e pressoché terminata agli inizi del Trecento, come suggerito dalla data 1304 presente in un'iscrizione scolpita sul rilievo raffigurante sant'Antonio collocato nel pilastro centrale del transetto di destra che, insieme al corrispettivo di sinistra con san Francesco, fu eseguito da fra' Delay de Brellanis da Lodi. Numerose nobili famiglie lodigiane posero le loro sepolture in S. Francesco, ottenendo il patronato delle varie cappelle aperte sul fianco sinistro a partire dal XIV fino al XVIII secolo, divenendo così i committenti dei numerosi affreschi e tele che ne ornano le pareti e gli altari. Costituisce un esempio particolare la seconda, o di san Bernardino, ricavata nel 1477 dalla demolizione del campanile già costituito dalla torre dei Pocalodi, precedentemente inglobata nell'edificio religioso. Gli interventi più sostanziali si ebbero però nel xvii secolo, quando si chiusero le bifore absidali e si rifece la decorazione di alcune cappelle, arricchite con stucchi e dorature.

Madonna della provvidenza, opera di Maria Conca (1933)
La trasformazione barocca della chiesa proseguì ancora per tutto il Settecento, in particolare con il rifacimento del coro con decorazioni architettoniche illusionistiche nel 1740. Con la soppressione del convento nel 1810, la chiesa divenne sussidiaria della parrocchia del Carmine, e così rimase fino al 1842, quando fu ceduta ai padri barnabiti che già dieci anni prima si erano stabiliti nel convento.


Trovandosi l'edificio in precarie condizioni, fu necessario un imponente restauro affidato agli architetti milanesi Ambrogio Nava e Carlo Maciachini e ai pittori Martino Knoller e Giuseppe Bertini, che comportò il rifacimento del tetto, la chiusura di alcune cappelle e l'integrazione di brani pittorici tre-quattrocenteschi. Sugli affreschi si intervenne nuovamente a partire dal 1960 con una vasta campagna quasi ventennale, che prendendo il via dalla navata di destra ha successivamente interessato tutte le altre superfici dipinte.

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Questo libro che mi è stato donato (20 novembre 2011), raccoglie foto e testi che danno risalto a questo gioellino medievale di Lodi.
La pubblicazione, edita dalla Fondazione della Banca Popolare di Lodi, costituisce quasi il seguito del volume dedicato al tempio dell'Incoronata del 2010.
Testi di Monja Faraoni
Foto di Antonio Mazza


... Vale comunque la pena di fare 4 passi a Lodi per vedere l'antico tempio
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Fonti:
www.podilombardia.it
www.lombardiabeniculturali.it

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