sabato 4 novembre 2017

Il Torrione

Il torrione del Castello di Lodi fa parte delle innovazioni apportate da Francesco Sforza al complesso fortificato di precedente epoca viscontea.

 I cambiamenti strutturali e le aggiunte dell'epoca sono espressione del nuovo tipo di fortilizio, dai caratteri esclusivamente militari e dall'impianto concepito per fronteggiare le armi da fuoco, che si va affermando in Italia nello scorcio del Quattrocento.
Il tipo della rocca si distingue da quello del castello medievale, oltre che per il suo scopo esclusivamente militare, senza concessioni all'aspetto residenziale o estetico, per connotazioni architettoniche e difensive nuove: spesse muraglie, bassi torrioni, imponente rivellino, profondi fossati, sistematico impiego dell'apparato a sporgere.


Il torrione originale a sezione rotonda, era alto circa 16-17 metri.
(foto sottostante)

Il torrione in una foto d'epoca prima dei lavori di innalzamento
 Nel 1905 il Comune di Lodi (proprietario dell'intero Castello dal 1866), fa innalzare la torre fino all'altezza di circa 33 metri, adibendola a serbatoio dell'acqua.
Dimensioni e struttura del torrione attuale sono da ricondurre a questo momento storico.


 La torre del Castello di Lodi è una struttura costituita da una parte storica originale (fondazioni e struttura fuori terra fino a 16-17 metri di altezza) e dalla parte superiore costruita in epoca recente. La muratura è realizzata in mattoni pieni su tutta la superficie. Lo spessore varia da 190 a 685 centimetri ai piani bassi. 
Attualmente solo gli ultimi due livelli del torrione sono visitabili attraverso l'accesso presente su un terrazzo concesso, assieme al resto dell'ex complesso fortilizio, in affitto alla Questura.

I restauri dell'anno 2010

I lavori di consolidamento e restauro del Torrione del Castello sono stati il primo intervento di attuazione dell'ambizioso progetto di recupero e valorizzazione turistica degli antichi percorsi sotterranei della Lodi medievale, che trovano proprio nel Torrione il loro principale "snodo", nonché il futuro punto di partenza degli itinerari alla scoperta della Lodi più misteriosa e nascosta.
Il progetto è stato elaborato dall'architetto Sergio Rettura, con la collaborazione del geometra Paolo Tarenzi per il rilievo geometrico del Torrione e del fossato, dell'architetto Cinzia Robbiati per il rilievo materico e del degrado del Torrione, del Revellino esterno ed interno e dell'ingegner Gabriele Malvasi per il progetto di consolidamento del paramento esterno.
L'operazione di restauro del Torrione ha comportato un investimento di circa 380.000 euro, su una spesa totale di 1 milione di euro prevista per il piano recupero della "Lodi Sotterranea", con una copertura finanziaria garantita prevalentemente dal Comune e in parte da un contributo della Fondazione Cariplo.

"In base ad una convenzione stipulata con il Comune - spiega il sindaco, Lorenzo Guerini - a realizzare l'intervento è stata direttamente l'Associazione Lodi Murata, ai cui studi e alle cui attività di promozione e divulgazione si deve la riscoperta dei percorsi sotterranei e l'intuizione di recuperarli ai fini della valorizzazione turistica. I capisaldi di questo percorso saranno il Torrione, il Revellino esterno, il Revellino interno, il fossato del Castello e i ruderi dell'arco sottostante la Porta Regale. In questo primo lotto di opere, relative al Castello, la priorità è stata assegnata al recupero del Torrione, a causa del suo degrado. Ha preso così il via un progetto di straordinaria importanza per la città, che contribuirà a preservare preziose testimonianze del suo passato e a favorirne la conoscenza, non solo tra i lodigiani ma tra un pubblico più vasto, con l'obiettivo di diventare un punto centrale e qualificante dell'offerta turistica di Lodi".

Di seguito, le principali fasi dell'intervento realizzato:
  • consolidamento e ricostruzione del paramento murario; le zone crollate sono state ricostruite con laterizi di tipologia e dimensione simili agli esistenti
  • messa in sicurezza dei merli e delle copertine tra i merli con integrazione dei laterizimancanti, rimozione e riposizionamento di tutte le parti in fase di distacco
  • sistemazione del tetto e della lanterna, compreso riposizionamento dell'asta portabandiera
  • verifica dello stato dei cornicioni in laterizio e integrazione delle parti mancanti
  • stilatura dei conci del cornicione in pietra
  • consolidamento delle architravi lapidee fratturate, con inserimento di protesimetalliche e malte di calce
  • risarcitura delle lesioni con iniezioni di malte a base di calce idrata
  • sanificazione, disinfestazione ed applicazione di reti e dissuasori anti volatili sui lati interni di tutti i vani
  • lavaggio dell'intera struttura con acqua demonizzata a bassa pressione


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Fonti:
http://www.comune.lodi.it
http://www.milanoneicantieridellarte.it

Castello Visconteo




Indirizzo: Piazza Castello, 30 (Nel centro abitato, isolato) - Lodi (LO)

Tipologia generale: architettura fortificata

Tipologia specifica: castello

Epoca di costruzione: ca. 1370

Uso attuale: intero bene: uffici della Questura

Uso storico: intero bene: destinazione originaria

Condizione giuridica: proprietà Stato

Configurazione strutturale:
La torre rotonda mantiene di originale il basamento a scarpa sul quale si innesta il corpo cilindrico che termina con una merlatura a coda di rondine ed è stato ricostruito all'inizio del Novecento per ospitare la cisterna dell'acqua potabile.

Il Castello Visconteo di Lodi è una costruzione medievale che fungeva da fortezza difensiva.
La cittadina lombarda era circondata da una cinta muraria, lungo la quale si aprivano tre porte di accesso alla città (Porta Imperiale, Porta Cremonese, Porta Pavese.

Castello Visconteo in una mappa
La porta Regale, che dava verso Milano era la più insicura, e quindi Federico Barbarossa decise di commissionare l’edificazione del Castello. La struttura venne rimaneggiata varie volte con il passare del tempo, e ciò che noi possiamo ammirare oggi risale al periodo che va dal 1355 al 1370, su commissione di Barnabò Visconti, che desiderava avere anche quattro torri e profonde prigioni, da situare nel sottosuolo.

Le modifiche apportate successivamente sono importanti perché hanno consentito di preservare l’integrità dell’edificio in quanto struttura difensiva. Le tecniche belliche andavano sempre più affinandosi, e la fortezza doveva anche resistere alle cariche dell’artiglieria.
Sotto la dominazione austriaca di Francesco Giuseppe l’edificio subì notevoli danni a causa di lavori che hanno demolito l’edificio.

Oggi il Castello Visconteo non è visitabile, in quanto è sede della Questura della Polizia di Stato.
 Nel 1906 uno dei torrioni del Castello Visconteo venne modificato per contenere le acque dell’acquedotto comunale. Alcuni storici ipotizzano che Lodi fosse attraversata da una rete viaria sotterranea, che collegava le varie zone della città. Probabilmente la galleria che partiva dal Castello conduceva al Sagrato di Piazza della Vittoria

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Fonti:
http://www.geoplan.it

venerdì 16 giugno 2017

Tarantasio il mostro del lago Gerundo

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Storie e leggende si tramandano per il drago del Lago Gerundo.
Tra le curiosità, ad Arzago è conservata una colonna che il sindaco abbraccia fisicamente quando giura fedeltà dopo la sua elezione e che, secondo gli anziani, veniva utilizzata come punto d'attracco per le barche: ma quali barche, visto che l'Adda scorre a chilometri dal paese?
A Pontirolo metà dell'abitato si trova più in basso rispetto al resto del paese e, dietro la chiesa parrocchiale di San Michele, che svetta nella parta «alta» del territorio, c'è una strada che si chiama via Costiola: ma a quale «costa» si fa riferimento? E ancora: tra Fara d'Adda e Cassano si trova la località Taranta, ma qual è l'origine di questo strano nome?

La risposta a tutti questi interrogativi sta nel lago Gerundo, un vastissimo specchio d'acqua che, secondo la tradizione, avrebbe occupato secoli fa il territorio dell'attuale Gera d'Adda, fino alle attuali province di Crema e Lodi, e a cavallo con il Milanese. Anzi, Crema sarebbe nata proprio su una delle isole in mezzo al lago, l'isola Fulcheria, mentre Lodi spuntava sul monte Eghezzone, altra altura che fuoriusciva dal lago. 

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Il nome Gerundo deriverebbe da «gera», vale a dire ghiaia.
Durante le invasioni barbariche (tra il II e il V secolo d.C.) il lago raggiunse i 35 chilometri di larghezza, i 50 di lunghezza e i 25 metri di profondità: talmente grande da essere chiamato mare, benché «mara» in latino significhi anche palude.

Alimentato dai fiumi Adda, Brembo, Serio e Molgora, il Gerundo veniva navigato con delle piroghe. Residui di questo leggendario lago sarebbero stati prosciugati attorno all'anno Mille, nel corso di una bonifica fatta da monaci di quella che ormai era diventata una zona acquitrinosa e pericolosa per la salute. Proprio l'aria insana che fuoriusciva dal lago ha dato origine al mito nel mito: anche il lago Gerundo, come tutti i laghi che si rispettino, aveva il suo mostro.
Si chiamava Tarantasio, aveva un alito pestilenziale, faceva affondare le barche e mangiava i bambini.

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A seconda delle zone, il Nessie di casa nostra si presentava con una diversa «forma»: serpente, mostro alato, drago, leone di mare, enorme cane. E, sempre a seconda del territorio, sono diverse anche le leggende tramandate sulla sua uccisione: ammazzare Tarantasio significava diventare eroi o consacrare il proprio eroismo. 

E infatti i «candidati» all'uccisione del mostro del Gerundo sono nomi noti della storia, non solo locale. I più conosciuti sono cinque.
 Primo: il patrono delle acque San Cristoforo che, secondo la tradizione, portava Gesù sulle spalle e per questo, grazie alla sua intercessione, venivano salvati dal lago i bambini che rischiavano di essere uccisi da Tarantasio.
Secondo: il vescovo di Lodi Bernardo de Talente, alla guida della diocesi dal 1296 al 1307. Grazie a lui Tarantasio sarebbe apparso l'ultima volta il giorno di San Silvestro del 1299: il primo gennaio 1300 il mostro scomparve del tutto e il lago evaporò.
Terzo: San Colombano, lo stesso che venne dagli abitanti di Inverness per uccidere il mostro di Loch Ness. Agilulfo, re longobardo, gli chiese di fare lo stesso con Tarantasio. Sarebbe riuscito nel suo intento dove oggi sorge il comune milanese di San Colombano al Lambro.
Quarto: nientemeno che Federico Barbarossa

Dopo il 1150 la sua fama fu molto esaltata in Lombardia e, proprio per questo, non si sarebbe potuto che addebitare a lui anche l'uccisione di un mostro lacustre. Nello stemma della sua casata, gli Hohenstaufen, è inoltre presente un leone che richiamerebbe Tarantasio.

Infine la leggenda più «bergamasca»: Tarantasio sarebbe stato ucciso nel XII secolo dal capostipite dei Visconti, Umberto. I Visconti governarono Milano dal 1277 al 1447 alimentando leggende sulla loro origine. Umberto uccise Tarantasio nella campagna di Calvenzano: da qui l'origine del simbolo della casata, il Biscione che mangia un bambino, citato anche da Dante nel canto VIII del Purgatorio – «la vipera che il milanese accampa» – e ripreso dal Comune di Milano e, in tempi più recenti, da Mediaset, dall'Inter, dall'Alfa Romeo.


Tarantasio è poi noto a livello internazionale, anche se pochi lo sanno, perché l'Eni avrebbe preso spunto da Tarantasio per disegnare il cane a sei zampe dell'Agip, visto che il primo giacimento di metano venne scoperto nel 1944 a Caviaga, frazione di Cavenago d'Adda, nel Lodigiano, in piena zona Gerundo.


Di Tarantasio restano dunque oggi parecchie testimonianze (compresa una costola, in realtà riconducibile a un animale preistorico), così come del lago. Le più evidenti sono le coste (da Pontirolo a Casirate è chiaro il dislivello del terreno), poi i toponimi (Gera d'Adda, via Gerola, via Costiola) e alcuni reperti come le colonne per gli ormeggi delle navi (ad Arzago, Pandino, Rivolta, Casirate, Truccazzano).

In realtà, 25 mila anni fa l'intera Pianura Padana era sommersa d'acqua, che si è poi prosciugata: in alcuni punti rimasero specchi d'acqua e il Gerundo sarebbe stato tra questi. Il primo a citarlo fu Plinio il Vecchio, cronista d'epoca romana: nella «Naturalis historia» (77 d. C.) fece riferimento ad alcune zone da bonificare, compreso il Gerundo. In epoca longobarda Paolo Diacono scrive: «Causa l'incessante e torrenziale pioggia, l'irruenza dei fiumi Adda, Serio e Oglio, straripando sulla pianura in massa enorme e incontrollabile, creano il grande lago».

Umberto Cordier, nella sua «Guida ai draghi e mostri in Italia» del 1896, scriveva: «La realtà fisica del Gerundo è indiscutibile: si fonda su macroscopiche prove geologiche, paleontologiche, archeologiche, documentali».
 Insomma, benché prosciugato, il lago Gerundo è ancora lì, nella Gera d'Adda.
E basta poco per vederlo.

Fabio Conti
R.clemente
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Fonte: http://www.ecodibergamo.it/stories/storie-dimenticate/393539_copia_di_nelle_acque_del_lago_gerundo_sulle_tracce_del_mostro_tarantasio