venerdì 16 giugno 2017

Tarantasio il mostro del lago Gerundo

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Storie e leggende si tramandano per il drago del Lago Gerundo.
Tra le curiosità, ad Arzago è conservata una colonna che il sindaco abbraccia fisicamente quando giura fedeltà dopo la sua elezione e che, secondo gli anziani, veniva utilizzata come punto d'attracco per le barche: ma quali barche, visto che l'Adda scorre a chilometri dal paese?
A Pontirolo metà dell'abitato si trova più in basso rispetto al resto del paese e, dietro la chiesa parrocchiale di San Michele, che svetta nella parta «alta» del territorio, c'è una strada che si chiama via Costiola: ma a quale «costa» si fa riferimento? E ancora: tra Fara d'Adda e Cassano si trova la località Taranta, ma qual è l'origine di questo strano nome?

La risposta a tutti questi interrogativi sta nel lago Gerundo, un vastissimo specchio d'acqua che, secondo la tradizione, avrebbe occupato secoli fa il territorio dell'attuale Gera d'Adda, fino alle attuali province di Crema e Lodi, e a cavallo con il Milanese. Anzi, Crema sarebbe nata proprio su una delle isole in mezzo al lago, l'isola Fulcheria, mentre Lodi spuntava sul monte Eghezzone, altra altura che fuoriusciva dal lago. 

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Il nome Gerundo deriverebbe da «gera», vale a dire ghiaia.
Durante le invasioni barbariche (tra il II e il V secolo d.C.) il lago raggiunse i 35 chilometri di larghezza, i 50 di lunghezza e i 25 metri di profondità: talmente grande da essere chiamato mare, benché «mara» in latino significhi anche palude.

Alimentato dai fiumi Adda, Brembo, Serio e Molgora, il Gerundo veniva navigato con delle piroghe. Residui di questo leggendario lago sarebbero stati prosciugati attorno all'anno Mille, nel corso di una bonifica fatta da monaci di quella che ormai era diventata una zona acquitrinosa e pericolosa per la salute. Proprio l'aria insana che fuoriusciva dal lago ha dato origine al mito nel mito: anche il lago Gerundo, come tutti i laghi che si rispettino, aveva il suo mostro.
Si chiamava Tarantasio, aveva un alito pestilenziale, faceva affondare le barche e mangiava i bambini.

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A seconda delle zone, il Nessie di casa nostra si presentava con una diversa «forma»: serpente, mostro alato, drago, leone di mare, enorme cane. E, sempre a seconda del territorio, sono diverse anche le leggende tramandate sulla sua uccisione: ammazzare Tarantasio significava diventare eroi o consacrare il proprio eroismo. 

E infatti i «candidati» all'uccisione del mostro del Gerundo sono nomi noti della storia, non solo locale. I più conosciuti sono cinque.
 Primo: il patrono delle acque San Cristoforo che, secondo la tradizione, portava Gesù sulle spalle e per questo, grazie alla sua intercessione, venivano salvati dal lago i bambini che rischiavano di essere uccisi da Tarantasio.
Secondo: il vescovo di Lodi Bernardo de Talente, alla guida della diocesi dal 1296 al 1307. Grazie a lui Tarantasio sarebbe apparso l'ultima volta il giorno di San Silvestro del 1299: il primo gennaio 1300 il mostro scomparve del tutto e il lago evaporò.
Terzo: San Colombano, lo stesso che venne dagli abitanti di Inverness per uccidere il mostro di Loch Ness. Agilulfo, re longobardo, gli chiese di fare lo stesso con Tarantasio. Sarebbe riuscito nel suo intento dove oggi sorge il comune milanese di San Colombano al Lambro.
Quarto: nientemeno che Federico Barbarossa

Dopo il 1150 la sua fama fu molto esaltata in Lombardia e, proprio per questo, non si sarebbe potuto che addebitare a lui anche l'uccisione di un mostro lacustre. Nello stemma della sua casata, gli Hohenstaufen, è inoltre presente un leone che richiamerebbe Tarantasio.

Infine la leggenda più «bergamasca»: Tarantasio sarebbe stato ucciso nel XII secolo dal capostipite dei Visconti, Umberto. I Visconti governarono Milano dal 1277 al 1447 alimentando leggende sulla loro origine. Umberto uccise Tarantasio nella campagna di Calvenzano: da qui l'origine del simbolo della casata, il Biscione che mangia un bambino, citato anche da Dante nel canto VIII del Purgatorio – «la vipera che il milanese accampa» – e ripreso dal Comune di Milano e, in tempi più recenti, da Mediaset, dall'Inter, dall'Alfa Romeo.


Tarantasio è poi noto a livello internazionale, anche se pochi lo sanno, perché l'Eni avrebbe preso spunto da Tarantasio per disegnare il cane a sei zampe dell'Agip, visto che il primo giacimento di metano venne scoperto nel 1944 a Caviaga, frazione di Cavenago d'Adda, nel Lodigiano, in piena zona Gerundo.


Di Tarantasio restano dunque oggi parecchie testimonianze (compresa una costola, in realtà riconducibile a un animale preistorico), così come del lago. Le più evidenti sono le coste (da Pontirolo a Casirate è chiaro il dislivello del terreno), poi i toponimi (Gera d'Adda, via Gerola, via Costiola) e alcuni reperti come le colonne per gli ormeggi delle navi (ad Arzago, Pandino, Rivolta, Casirate, Truccazzano).

In realtà, 25 mila anni fa l'intera Pianura Padana era sommersa d'acqua, che si è poi prosciugata: in alcuni punti rimasero specchi d'acqua e il Gerundo sarebbe stato tra questi. Il primo a citarlo fu Plinio il Vecchio, cronista d'epoca romana: nella «Naturalis historia» (77 d. C.) fece riferimento ad alcune zone da bonificare, compreso il Gerundo. In epoca longobarda Paolo Diacono scrive: «Causa l'incessante e torrenziale pioggia, l'irruenza dei fiumi Adda, Serio e Oglio, straripando sulla pianura in massa enorme e incontrollabile, creano il grande lago».

Umberto Cordier, nella sua «Guida ai draghi e mostri in Italia» del 1896, scriveva: «La realtà fisica del Gerundo è indiscutibile: si fonda su macroscopiche prove geologiche, paleontologiche, archeologiche, documentali».
 Insomma, benché prosciugato, il lago Gerundo è ancora lì, nella Gera d'Adda.
E basta poco per vederlo.

Fabio Conti
R.clemente
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Fonte: http://www.ecodibergamo.it/stories/storie-dimenticate/393539_copia_di_nelle_acque_del_lago_gerundo_sulle_tracce_del_mostro_tarantasio